Fatto
L’ente accertatore disconosceva l’accesso ai benefici fiscali, con particolare riguardo al regime forfetario di cui alla Legge n. 398/1991, a carico di una ASD, poiché in occasione del controllo della documentazione contabile e finanziaria, emergevano una serie di prelievi in contanti (per complessivi 24.800,00 euro) e addebiti sulle carte di credito, sul conto corrente intestato all’ente sportivo (per complessivi 17.179,63 euro).
Come da prassi, dunque, suddetto modus operandi veniva ricondotto nella elusione del divieto di distribuzione (anche indiretta) degli utili (oggi previsto dall’art. 8, D.Lgs. n. 36/2021) e pertanto metodo elusivo di legge, con conseguente disconoscimento del regime fiscale agevolato tipico degli enti sportivi dilettantistici riconosciuti.
Da ultimo, l’ente accertatore riscontrava altresì nella vita concreta associativa dell’ente un difetto di democraticità, dovuto in particolare alla mancata convocazione degli associati ed alla loro partecipazione alle assemblee.
L’associazione ricorrente, dunque, adiva il giudice ed eccepiva l’illegittimità dell’avviso di accertamento, chiedendone l’annullamento, per i seguenti motivi:
- la mancata convocazione si riferisce a semplici tesserati e non ai soci, che risultano regolarmente convocati nelle assemblee;
- i prelievi effettuati dai due amministratori sono da considerarsi un equo compenso per l’attività svolta e non utile distribuito.
In particolare, i soggetti interessati, ricoprivano all’interno dell’associazione sia cariche istituzionali (amministratori) che professionali (amministrativo-gestionali), pressi molto frequente nei centri sportivi.
Motivi della decisione
La tesi sostenuta dalla ASD nel Ricorso viene condivisa dal giudice di merito per due ordini di riflessioni, che si riportano letteralmente:
“sul primo punto l’obiezione del ricorrente è da accogliere, in quanto le mancate convocazioni riferite dall’amministrazione finanziaria si riferiva a semplici tesserati e non ai soci della ASD.
Gli importi corrisposti (rectius: prelevati) ai signori S. e D. che si occupavano di iscrizioni gare, assistenza gara, assistenza allenamento, ritiro e consegna pettorali di gara, organizzazione giri di gruppo, contratti con sponsor, etc. possono verosimilmente essere assimilati ad un equo compenso piuttosto che a distribuzione di utili societari.
Peraltro la circostanza che i predetti signori svolgessero tutta quell’attività per la ASD è circostanza rilevata anche nell’atto di accertamento”. (Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Treviso - sentenza del 19 giugno 2023, n. 220).
In buona sostanza, soffermandoci sull’analisi del punto b) che si intende trattare nel presente contributo, non si ravvisa divieto alcuno alla prassi, tipica delle realtà associative più piccole, di ricoprire una qualsiasi carica istituzionale (e percepire un compenso), e al tempo stesso svolgere prestazione di lavoro sportivo o amministrativo-gestionale (dietro corrispettivo).
Riflessioni sulla figura del Presidente-istruttore di una ASD
La decisione in commento, si pone in linea di continuità con l’orientamento della Corte di Giustizia di I grado di Brescia, sez. II, sent. 25 gennaio 2021, n. 43, atta ad estirpare la prassi della qualificazione arbitraria tout court dei compensi percepiti dagli amministratori come ipotesi di distribuzione di utili, che conduce a ritenere commerciale l’attività stessa posta in essere dall’associazione.
Preziosa a riguardo, è l’analisi della disciplina del “nuovo lavoro sportivo”, come integrata e novellata dopo l’entrata in vigore (1° luglio 2023).
Il problema: la questione (annosa) riguarda la possibilità, in capo agli amministratori di una ASD, di percepire compensi sia per l’attività istituzionale prestata in favore dell’Ente stesso che in qualità di lavoratori sportivi.
È pacifico che, nulla osta all’amministratore di un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), percepire compensi per il lavoro sportivo eventualmente effettuato (si pensi ad un amministrativo o un istruttore).
In questo caso, la tassazione del lavoro sportivo e del rapporto di collaborazione coordinata di carattere amministrativo/gestionale (artt. 36 e 37, D.Lgs. n. 36/2021); prevede, ai fini tributari, la soglia di non imponibilità di 15.000 euro (questo sia per il lavoro sportivo che per i rapporti di collaborazione di carattere amministrativo e gestionale).
Superata la franchigia di 15.000 euro, si applicherà la tassazione in base al TUIR e, quindi, in base al contratto di lavoro instaurato.
Tornando al nostro caso, per il Presidente o amministratore dell’ASD che voglia instaurare un rapporto di lavoro sportivo con la stessa, sicuramente, sussiste l’incompatibilità con la qualifica di lavoratore dipendente, mentre, al contrario, non si ravvisa incompatibilità con il contratto di lavoro autonomo (che dovrà essere autorizzato dall’assemblea degli associati, visto l’esistente conflitto di interesse).
Il problema sorge laddove l’amministratore o il Presidente venga altresì remunerato in virtù della carica istituzionale ricoperta (con qualifica diversa dal concetto di “lavoro sportivo”).
La questione spinosa riguarda il divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione (in origine la normativa di riferimento per lo sport dilettantistico era contenuta nell’art. 90, comma 18, Legge n. 289/2002, oggi recepito nell’art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 36/2021, nonché nell’art. 148, comma 8, TUIR) laddove prevedono, per le associazioni, il divieto assoluto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge.
Si precisa che la legge non esclude espressamente né la possibilità di svolgere attività legate alla carica istituzionale ed al lavoro sportivo, né la possibilità di erogare compensi in favore delle cariche istituzionali.
Ed anzi, a fortiori, il novellato art. 29, D.Lgs. n. 36/2021 esclude espressamente dalla nozione di “volontario” colui che ricopra una carica istituzionale senza percepire compenso alcuno, risolvendo in fatto il problema della compatibilità tra carica di amministratore non remunerato (gratuita) e quella di lavoratore sportivo (remunerato) all’interno della stessa associazione.
Il problema (quindi il discrimen) riguarda tuttavia la quantificazione del compenso stesso, onde definirla o meno “distribuzione occulta di utili”.
L’analisi della disciplina sportiva è strettamente collegata alla disciplina del TUIR e del Terzo Settore, come vedremo.
Ante Riforma: le indicazioni contenute negli artt. 148, comma 8, TUIR e 90, comma 18, Legge n. 289/2002 (oggi abrogata) non prevedono un limite economico preciso; di conseguenza, come chiarito dalla circolare n. 124/E/1998 e dalla Risoluzione n. 38/E/2010, la disposizione da prendere a riferimento per verificare la corretta individuazione della nozione di “indiretta distribuzione di utili o avanzi di gestione” si rinveniva nell’art. 10, comma 6, lett. c), D.Lgs. n. 460/1997 relativa al riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle Onlus, che limita la corresponsione ai componenti degli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui non superiori al compenso massimo previsto per il presidente del collegio sindacale delle SPA.
Invero, detta disposizione, con la piena operatività della parte fiscale del D.Lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore), sarà abrogata: fino alla piena operatività della Riforma la norma di riferimento rimane il D.Lgs. n. 460/1997, in particolare l’art. 10, comma 6, lett. c).
Ed infatti, il Codice del Terzo Settore (art. 8, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 117/2017) stabilisce, da una parte, che “è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali” dall’altra, che “si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili (…) la corresponsione ad amministratori, sindaci ed a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte ed alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”.
La medesima disposizione viene altresì prevista per le imprese sociali nel Terzo Settore dal D.Lgs. n. 112/2017 laddove all’art. 3, comma 2, ultimo capoverso, lett. a), prevede una presunzione legale di distribuzione indiretta di utili, tra l’altro nella corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni; quindi legato all’attività effettivamente svolta, alle responsabilità assunte e alle competenze specifiche del soggetto, prendendo a riferimento il proprio ambito operativo; si può quindi considerare più elastico il limite da applicare, non essendo più previsto un preciso limite economico, ma avendo ad ogni modo cura di valutare la situazione specifica caso per caso dell’ente in questione.
Post Riforma: ferma restando l’operatività dell’art. 148, comma 8, TUIR anche con l’avvento della “Riforma Sport” oggi l’art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 36/2021 “Assenza di fine di lucro” richiama espressamente le presunzioni di legge contenute nell’art. 3, comma 2, ultimo periodo, D.Lgs. n. 112/2017, ivi compresa la necessità di parametrare il compenso in favore di organi associativi all’attività, alla responsabilità, alle competenze, operando un paragone con i settori di riferimento.
La disciplina è generica: ammette sì le “indennità di carica” in favore degli organi istituzionali ma senza tuttavia quantificarla, ancorandola piuttosto a parametri generali, discrezionali.
In questo senso la pronuncia in commento si atteggia, senza dubbio, quale contrappeso al potere discrezionale dell’amministrazione procedente che ravvisa “distribuzione indiretta di utili” in favore degli amministratori che percepiscono indennità, ma, al tempo stesso, rende imprescindibile un intervento chiarificatore, ancorato a parametri di valutazione oggettivi.
Riferimenti normativi:
- Legge 16 dicembre 1991, n. 398;
- D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, artt. 8 e 29;
- D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, art. 8;
- D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, art. 3;
- D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 10;
- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 148;
- Ministero delle Finanze, circolare 12 maggio 1998, n. 124/E;
- Agenzia delle Entrate, Ris. 17 maggio 2010, n. 38/E;
- Corte di Giustizia Tributaria I grado, Treviso, sent. 19 giugno 2023, n. 220.
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